Articolo originale su: in4mati.com
Autore: CAterina Cabiddu
lo scorso 22 aprile l’Ispettorato Nazionale del lavoro ha sottoscritto un protocollo con il Garante della privacy con la primaria finalità di contrastare forme occulte di controllo dell’attività lavorativa.
Le nuove forme di organizzazione del lavoro, dallo smart working o lavoro agile alle app da indossare o installate su smartphone comportano, come noto forme di controllo anche solo indiretto dei lavoratori.
L ’INL è infatti competente per il rilascio delle autorizzazioni per l’installazione degli impianti audiovisivi e degli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori (art. 4, Legge n. 300/1970 così come modificato dall’art. 23 del D.Lgs. n. 151/2015) e di quelle in tema di controlli e repressioni degli abusi eventualmente posti in essere dai datori di lavoro sotto il profilo discriminatorio (cfr. art. 8, Legge n. 300/1970 e art. 10, D.Lgs. n. 276/2003),
Il protocollo ha ad oggetto una serie di attività, tra cui una “collaborazione strategica” nell’ambito delle rispettive competenze.
Sarà particolarmente importante l’assunzione di orientamenti condivisi su specifiche questioni, al fine di evitare, come purtroppo è accaduto, che dispositivi autorizzati dall’Ispettorato del Lavoro siano stati poi invece ritenuti illeciti o comunque non conformi dal Garante con conseguenti sanzioni, anche di interruzione dell’utilizzo di dispositivi.
per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.
Attualmente infatti tutti gli strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori (c.d. «pericolosi») possono essere utilizzati solo previo accordo sindacale o previa autorizzazione amministrativa rilasciata dall’Ispettorato territoriale del lavoro, ovvero nazionale se l’impresa abbia sedi in ambiti di competenza di più sedi territoriali.
D’altra parte per le dotazioni per lo svolgimento della prestazione lavorativa (es. smartphone, pc) e delle apparecchiature di rilevazione e di registrazione degli accessi e delle presenze (es. badge, rilevatori di accesso) non sono necessari il preventivo accordo sindacale né l’autorizzazione amministrativa, ma sia gli uni che gli altri soggiacciono alla verifica di conformità al GDPR.
E’ bene ricordare cosa accade al datore di lavoro che viola la legge:
salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il datore di lavoro che utilizza illecitamente sistemi di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori è punito con l’ammenda da 154 a 1.549 euro o con l’arresto da 15 giorni ad un anno (v. art. 23, D.Lgs. n. 151/2015; art. 38, Legge n. 300/1970; art. 171, D.Lgs. n. 196/2003). Nei casi più gravi le pene dell’arresto e dell’ammenda sono applicate congiuntamente.
Ovviamente resta ferma la responsabilità civile per i danni eventualmente subiti dal lavoratore a causa dell’illecito trattamento dei dati.
Un cambio di mentalità sulla privacy è necessaria per proteggere il benessere dell’azienda e del proprio business. Il concetto di Privacy by design, introdotto con il GDPR, è strettamente legato alla corretta gestione della protezione dei dati e, di conseguenza, all’efficientamento dei processi. L’efficienza dei processi è l’unica via per perseguire e mantenere il benessere dell’azienda e del proprio business. Tuttavia non sembra che tale concetto sia stato totalmente compreso e correttamente recepito dalle aziende italiane. Eppure si tratta di un concetto...
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