Fonte: Informatore Informatico.
E' il risultato di un recente studio pubblicato da accademici del Security and Privacy Institute (CyLab) della Carnegie Mellon University.
Lo studio, presentato all'inizio di questo mese al seminario IEEE 2020 sulla tecnologia e la protezione dei consumatori, non si basava sui dati di indagine o sondaggio, ma sull'effettivo traffico rilevato sui browser.
Gli accademici hanno analizzato il traffico web del mondo reale raccolto con l'aiuto del Security Behavior Observatory (SBO) dell'università, un gruppo di ricerca opt-in in cui gli utenti si iscrivono e condividono la loro cronologia completa del browser al solo scopo della ricerca accademica.
Il set di dati del team di ricerca includeva informazioni raccolte dai computer di 249 partecipanti. I dati sono stati raccolti tra gennaio 2017 e dicembre 2018 e includevano non solo il traffico web ma anche le password utilizzate per accedere ai siti Web e archiviate all'interno del browser.
Sulla base dell'analisi dei dati, tra gli utenti che avevano account su domini violati, domini che avevano annunciato pubblicamente una violazione dei dati durante l'intervallo di raccolta, solo il 33% ha visitato i siti violati per modificare le loro password. Solo una parte ha cambiato le password entro tre mesi dall'annuncio della violazione dei dati.
In totale, solo 1/3 delle password sono state modificate su questi domini: di questi 18 erano Yahoo! i restanti 31 utenti Yahoo! (su 49) non hanno cambiato la propria password sebbene tutti fossero a conoscenza ed interessati dalla violazione in base all'annuncio dello stesso provider.
Solo 2 partecipanti hanno cambiato la loro Yahoo! account password due volte, una volta dopo ogni annuncio di violazione. Due partecipanti hanno cambiato la password sul dominio violato entro un mese dall'annuncio della violazione, per un totale di cinque entro due mesi e otto entro tre mesi.
Inoltre, poiché i dati SBO hanno anche acquisito dati relativi alle password, il team di CyLab è stato in grado di analizzare la complessità delle nuove password degli utenti.
Il team di ricerca ha affermato che degli utenti che hanno cambiato le password, solo un terzo l'ha cambiata in una password più forte. Il resto ha creato password di forza più debole o simile, di solito riutilizzando le sequenze di caratteri della loro password precedente o usando password simili ad altri account archiviati nel loro browser.
Lo studio mostra che agli utenti manca ancora la formazione necessaria per scegliere password migliori o uniche.
I ricercatori sostengono che gran parte della colpa risiede anche nei servizi compromessi, che "quasi mai dicono alle persone di reimpostare password simili o identiche su altri account".
Lo studio, sebbene di dimensioni ridotte rispetto ad altri, è, tuttavia, molto accurato nel rappresentare le pratiche degli utenti del mondo reale quando si tratta del comportamento degli utenti a seguito di una violazione dei dati, poiché si basa su dati e traffico di navigazione effettivi piuttosto che su risposte al sondaggio che potrebbero a volte essere imprecisi o falsamente positivi.
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